Il problema del male

Pubblicato il 13 settembre 2025 alle ore 05:43

Il Problema del Male secondo la Cabala Mistica

Introduzione: la domanda eterna

Da sempre l’uomo si interroga: se Dio è infinito, buono e onnipotente, perché esiste il male?
La filosofia e la teologia hanno proposto infinite risposte, ma la Cabala offre una prospettiva unica e profondamente simbolica: il male non è un’entità autonoma, bensì il riflesso di un disequilibrio nella manifestazione della Luce divina.


Il paradosso del Tzimtzum

Il male nasce indirettamente già nel momento del Tzimtzum, la contrazione con cui l’Infinito (Ein Sof) crea lo spazio per il mondo.

  • Per permettere l’esistenza, Dio “si ritira”.
  • In questo vuoto, la luce discende nei recipienti cosmici (le Sephiroth).
  • Alcuni recipienti non riescono a contenere quella potenza: si spezzano.

Questa rottura, nota come Shevirat ha-Kelim (la frattura dei vasi), disperde scintille di luce nella materia, ma genera anche gusci vuoti, i Qlipoth.


I Qlipoth: le scorie della creazione

Il termine Qlipoth significa “gusci” o “cortecce”.

  • Sono le forme vuote che restano dopo la rottura dei vasi.
  • Contengono residui di luce, ma deformata e prigioniera.
  • Rappresentano le forze di separazione, caos e squilibrio.

Il male, dunque, non è opera di un principio opposto a Dio (come nel dualismo), ma il risultato di un eccesso di luce non equilibrata. È un’ombra che nasce dalla stessa emanazione divina.


Male come squilibrio, non come sostanza

Per la Cabala, il male non ha esistenza propria:

  • non è sostanza, ma assenza di armonia;
  • non è potere eterno, ma distorsione temporanea della luce;
  • non è fine a sé stesso, ma strumento paradossale per la crescita.

In altre parole, il male è il lato oscuro della libertà e della creazione, inevitabile in un mondo in cui l’Infinito si vela e si frantuma per permettere la pluralità.


Il ruolo dell’uomo: Tikkun Olam

Il problema del male non resta teorico: l’uomo è chiamato a riparare.

  • Ogni azione giusta libera scintille intrappolate nei gusci.
  • La meditazione e la preghiera riallineano l’anima alla luce.
  • La giustizia, la compassione e le opere buone contribuiscono al Tikkun Olam (“riparazione del mondo”).

In questa visione, il male diventa sfida spirituale: occasione per trasformare l’oscurità in luce, per riportare equilibrio dove c’è frammentazione.


Male e libero arbitrio

La Cabala riconosce nell’uomo la possibilità di scegliere.
La presenza dei Qlipoth permette all’anima di esercitare il libero arbitrio: seguire la luce o cedere all’ombra.
Senza questa tensione, non ci sarebbe evoluzione né merito. Il male è dunque il prezzo della libertà e della possibilità di elevarsi.


Conclusione: il male come mistero sacro

Nella Cabala, il male non è un fallimento della divinità, ma parte del dramma cosmico.
È un’ombra generata dal troppo splendore, una frattura che l’uomo è chiamato a sanare.
Il compito del mistico non è negare l’esistenza del male, ma trasformarlo, liberando le scintille divine e riportandole alla loro fonte.

Così, il male diventa paradossalmente strumento di redenzione: attraverso la sua lotta, l’uomo partecipa all’opera della creazione e si avvicina all’Ein Sof, il mistero infinito da cui tutto ha origine.

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