Il pensiero di G.

Pubblicato il 27 agosto 2025 alle ore 21:59

Il pensiero di Gurdjieff è incentrato sull’idea che l’uomo, così come vive normalmente, non è veramente sveglio. Egli descrive l’essere umano come una creatura che si crede cosciente ma che in realtà funziona in modo meccanico, guidata da abitudini, emozioni automatiche e pensieri ricorrenti. La vita ordinaria è una sorta di sonno ipnotico, in cui si agisce e si reagisce senza vera consapevolezza. Da questa diagnosi radicale nasce la sua filosofia: l’uomo può risvegliarsi, ma solo attraverso un lavoro costante e disciplinato su di sé.

Al cuore del suo insegnamento vi è la teoria della “pluralità dell’io”. Per Gurdjieff non esiste un unico centro stabile della persona, ma una molteplicità di “io” che si alternano di momento in momento, spesso in contraddizione tra loro. L’individuo dice “io” con convinzione, ma in realtà non è mai lo stesso io a parlare: ora è l’io che desidera, ora quello che teme, ora quello che promette, ora quello che dimentica. Questo rende impossibile la vera volontà. Solo attraverso un lavoro di osservazione e di ricordo di sé si può scoprire un principio più stabile, un Io reale capace di dirigere la vita.

Il “ricordo di sé” è la pratica centrale del suo sistema. Si tratta di un atto di attenzione simultanea, di consapevolezza sia di ciò che accade dentro di noi sia di ciò che ci circonda. È un modo per spezzare il flusso meccanico delle reazioni e introdurre un momento di presenza reale. Questo esercizio, apparentemente semplice, diventa la chiave per aprire un processo di trasformazione che conduce a un livello superiore dell’essere.

Per spiegare le vie spirituali, Gurdjieff ricorreva all’immagine di tre strade tradizionali: quella del fachiro, che sviluppa il corpo attraverso prove di resistenza; quella del monaco, che lavora sul sentimento mediante la devozione; e quella dello yogi, che lavora sulla mente con la concentrazione. Ciascuna di queste vie, però, è unilaterale e incompleta. La sua proposta è la “Quarta Via”, che integra corpo, emozione e mente, e che si pratica non in un monastero o in un ritiro, ma nella vita quotidiana. Il mondo stesso diventa il laboratorio per la crescita interiore, perché è proprio nella frizione degli eventi e nelle relazioni che l’uomo può svegliarsi.

Un altro aspetto fondamentale del suo pensiero è la visione cosmologica. Gurdjieff elaborò una complessa “scienza oggettiva” basata su leggi universali come la Legge del Tre e la Legge del Sette, principi che, a suo dire, regolano ogni processo nell’universo. Questi schemi simbolici, espressi anche attraverso diagrammi come l’Enneagramma, non erano semplici teorie speculative, ma strumenti per comprendere i processi interiori e orientare il lavoro su di sé.

Nel suo insegnamento emerge una tensione tra pessimismo e speranza. Da un lato, Gurdjieff insiste che la maggior parte degli uomini muore senza aver mai vissuto veramente, restando prigionieri della meccanicità. Dall’altro, afferma che esiste la possibilità di risvegliarsi, di creare un’anima immortale attraverso il lavoro cosciente e i sacrifici volontari. Non tutti la compiranno, ma chi intraprende seriamente la via può trasformare la propria esistenza in qualcosa di reale e durevole.

In sintesi, il pensiero di Gurdjieff è un richiamo a una responsabilità radicale: l’uomo non deve accontentarsi della vita automatica, ma cercare in sé stesso la possibilità di un risveglio. Questo non si ottiene con la fede cieca né con lo sforzo isolato, ma con una pratica costante, unita alla presenza di una guida e di un gruppo. La sua filosofia non è una dottrina astratta, ma un metodo di lavoro che mira a trasformare l’essere, a passare dal sonno alla coscienza, dall’automatismo alla libertà interiore.

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