Il Portatore dell’Abisso

Pubblicato il 12 settembre 2025 alle ore 15:47

Nella città di Kha-Elim, le ombre erano più fedeli della luce. I vicoli si stringevano come gole che inghiottivano chi osava inoltrarsi oltre il tramonto, e le campane della mezzanotte non suonavano mai: si diceva che, al dodicesimo rintocco, il cielo avrebbe potuto spaccarsi e lasciare entrare ciò che non apparteneva al mondo.

Elian, pellegrino assetato di segreti, cercava il Codice di Cenere, un tomo che non veniva scritto: scriveva da solo. I suoi caratteri si formavano da gocce di buio, e ogni frase letta cancellava una memoria, un volto, una vita. Era il prezzo per conoscere le verità che nessun dio aveva concesso.

La Biblioteca Sepolta lo accolse senza porte: bastò che Elian si tagliasse la lingua e lasciasse cadere una stilla di sangue sul pavimento di pietra. Il suono del suo nome svanì con quel rosso calore, e la sua voce non sarebbe mai più tornata intera.

Dentro, gli scaffali erano ossa levigate. Le pergamene tremavano come animali imprigionati. Al centro della sala, il libro fluttuava, avvolto da un alone grigiastro che odorava di carne bruciata.

Quando la sua mano si avvicinò, le candele si spensero da sole e il buio rivelò i Custodi dell’Oblio: spettri alti, coperti da mantelli che colavano inchiostro. Essi non si muovevano, ma lo osservavano con occhi neri come pozzi senza fondo. Dal loro silenzio si levava un suono che non apparteneva a nessuna gola: un respiro freddo che scorticava i pensieri.

Elian comprese che il Codice non poteva essere letto. Doveva divorarlo. Lo strinse al petto, e il libro esplose in una nube di cenere che gli penetrò nella bocca, negli occhi, nei polmoni. Urlò, ma nessuno lo udì: non aveva più voce.

Quando uscì dalla Biblioteca, il sole si levava. Ma il suo volto non era più il suo: era una maschera di cera crepata, dietro la quale si muovevano linee di cenere ardente. Coloro che lo incontravano cadevano in ginocchio o fuggivano urlando, poiché negli occhi di Elian non brillava vita, ma l’eco di tutte le paure che gli uomini hanno sepolto nei secoli.

E così lo chiamarono il Portatore dell’Abisso, condannato a vagare non per dominare, ma per ricordare al mondo che la conoscenza ultima non illumina: consuma.

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