Il Corridoio degli Specchi

Pubblicato il 23 settembre 2025 alle ore 08:26

Nella biblioteca polverosa del convento di Rocca Ligure c’era un corridoio che non compariva nelle mappe. Nessuno ricordava chi l’avesse costruito, eppure ogni tanto i novizi, girovagando fra scaffali e porte dimenticate, giuravano di averne intravisto l’ingresso: una fessura sottile tra due scaffali di quercia, larga quanto il respiro di un uomo.

L’abate Lorenzo, custode dei manoscritti antichi, non aveva mai dato credito a quelle voci. Ma negli ultimi mesi un sogno lo perseguitava: un libro senza titolo che lo chiamava per nome, e pagine liquide che lo inghiottivano come pozze notturne. Quando una sera d’autunno trovò davvero il varco, decise che il destino non gli lasciava altra scelta.

Il corridoio era lungo e innaturalmente silenzioso: il suo passo non produceva eco, e la fiamma della candela tremava senza diffondere calore. Alla fine del passaggio si apriva una stanza circolare, spoglia, con un solo leggio al centro. Sopra vi riposava un volume rilegato in pelle nera, privo di titolo o ornamento.

Lorenzo lo aprì. Non c’erano parole né miniature, ma specchi d’inchiostro vivo che ribollivano come acqua scura. Ogni pagina mostrava un riflesso diverso di se stesso: in una era vecchio e cieco, con le mani tremanti; in un’altra bambino che piangeva fra lenzuola di lino; in un’altra ancora un teschio incoronato di spine luminose.

Il cuore gli martellava. Sapeva di essere testimone di qualcosa che non apparteneva al mondo dei vivi. Una voce, antica e priva di genere, sgorgò dalle pagine:

«Ogni uomo è molti. Non ti è dato scegliere chi diventerai, ma quale volto nutrirai. Ricorda: il seme che irrighi nel silenzio crescerà fino a consumarti.»

Scosso, richiuse il libro, ma quando sollevò lo sguardo si accorse che la stanza non aveva più porte. Solo cerchi di specchi che lo riflettevano in infinite versioni: alcune lo fissavano con occhi vuoti, altre sorridevano con un ghigno feroce. Solo uno rimase immobile, con la corona di luce e ossa.

Quando finalmente il corridoio lo restituì alla biblioteca, l’alba stava già filtrando tra le vetrate. Da quel giorno, ogni specchio del convento rifletté di lui soltanto quell’immagine incoronata: un monito che nessun confratello poteva ignorare.

Gli altri monaci credettero fosse un segno divino. Ma Lorenzo, nel segreto del suo cuore, sapeva di aver toccato un potere che non veniva da Dio.

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