
Il pentagramma, stella a cinque punte tracciata da un solo gesto ininterrotto, è uno dei segni più antichi e potenti dell’immaginario esoterico. Non è un semplice ornamento geometrico, ma un sigillo vivente, un archetipo che ha attraversato i millenni portando con sé il mistero dell’armonia cosmica e della protezione spirituale. Ogni punta è un principio, ogni linea un legame invisibile, e il suo centro è l’eco silenziosa dell’unità che sorregge la molteplicità.
Nel linguaggio iniziatico, le cinque punte rappresentano gli elementi: terra, acqua, aria, fuoco e lo spirito che li sovrasta e li unisce. È il microcosmo umano inscritto nel cosmo: il corpo con le braccia aperte e le gambe divaricate, la testa innalzata verso il cielo. Il pentagramma diventa così immagine dell’uomo perfetto, ponte tra la materia e il divino, testimone dell’armonia possibile tra i contrari.
Se rivolto verso l’alto, con la punta superiore che domina le altre, il pentacolo esprime il trionfo dello spirito sulla materia, la capacità dell’essere umano di governare le passioni e ordinare le energie. Se invece capovolto, lo stesso simbolo diventa specchio oscuro: la materia che sovrasta lo spirito, la discesa nelle forze istintive e telluriche. Non è male intrinseco, ma potenza primordiale che può generare o distruggere, a seconda della mano che la guida.
Tracciato sul pavimento dei templi, inciso sugli altari, portato al collo come amuleto, il pentacolo è barriera e chiave. Barriera, perché delimita un cerchio sacro che respinge le influenze dissonanti; chiave, perché apre le porte interiori, ricordando a chi lo contempla che la vera magia non è fuori ma dentro, nel cuore che sa risuonare con l’armonia delle stelle.
Nella sua semplicità apparente, il pentagramma è un enigma. È la stella della luce che guida nel cammino, ma anche l’emblema dell’abisso quando si specchia nel suo contrario. È l’essere umano stesso: fragile e divino, terreno e celeste, sempre sospeso tra l’altezza dello spirito e il richiamo della materia. Nel suo fulgore silenzioso ci ricorda che l’universo intero può essere racchiuso in una sola figura, e che ogni linea tracciata è un atto di creazione.
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