L’Infinito nascosto
Al cuore della Cabala, la mistica ebraica che attraversa secoli di tradizione, vi è l’idea che Dio sia En Sof, l’Infinito senza limiti né forma.
En Sof non può essere compreso dalla mente, né descritto dalle parole. È il Nulla Pieno, il mistero assoluto che precede ogni cosa.
La Cabala non presenta un Dio antropomorfo, ma un principio trascendente che, pur restando velato, si manifesta attraverso processi ordinati. La creazione non è un atto puntuale, ma un emanare continuo, come una luce che si diffonde da una sorgente inesauribile.
Il Tzimtzum: il vuoto divino
Secondo la tradizione cabalistica, l’Infinito per creare ha dovuto compiere il Tzimtzum, la contrazione.
- Dio si “ritira” da una parte di Sé stesso, creando uno spazio vuoto.
- In questo spazio l’universo può emergere, pur restando immerso nel divino.
- È un paradosso: il vuoto creato è insieme assenza e presenza, grembo della manifestazione.
Così, il mondo non è mai separato da Dio: esiste all’interno di un Suo respiro nascosto.
Le Sephiroth: l’albero della vita
Dopo il Tzimtzum, la luce divina si riversa nello spazio creato e si struttura in dieci emanazioni, le Sephiroth, che formano l’Albero della Vita.
Queste dieci forze sono al tempo stesso aspetti divini e principi cosmici:
- Keter (Corona) – la pura volontà, il seme dell’esistenza.
- Chokmah (Sapienza) – l’impulso creativo maschile.
- Binah (Intelligenza) – il grembo che dà forma, principio femminile.
4-9. Le Sephiroth successive rappresentano bellezza, amore, forza, armonia, fino a Yesod (Fondamento). - Malkuth (Regno) – il mondo materiale, dove tutto si incarna.
L’universo è dunque il riflesso di Dio dispiegato in livelli successivi, dal più sottile al più concreto.
La creazione come rivelazione
Per la Cabala, la creazione non è mai conclusa.
Ogni istante, l’Infinito continua a fluire attraverso le Sephiroth, rinnovando il mondo.
L’uomo stesso, contemplando e studiando l’Albero della Vita, diventa partecipe dell’opera creativa, un ponte tra cielo e terra.
Il dramma della frattura
La Cabala insegna che, nel processo creativo, la luce divina fu troppo intensa e i primi recipienti non poterono contenerla: si ruppero.
Questa “frattura dei vasi” (Shevirat ha-Kelim) generò la dispersione delle scintille divine nella materia.
Da allora, l’universo è insieme luce e frammento, un cosmo sacro ma incompleto.
Il compito dell’uomo
Il lavoro spirituale dell’uomo, secondo la Cabala, è il Tikkun Olam, la riparazione del mondo:
- recuperare le scintille disperse;
- riportare armonia fra i livelli della realtà;
- risalire lungo l’Albero della Vita fino a riconnettersi con l’Infinito.
In questo senso, l’uomo non è spettatore, ma co-creatore: attraverso la meditazione, la preghiera e le opere giuste, può ricomporre l’unità perduta.
Conclusione: Dio come mistero vivente
La Cabala mistica insegna che Dio non è un’entità lontana, ma un mistero vivente che si nasconde e si rivela in ogni atto di creazione.
Il mondo è un libro scritto con simboli, e l’uomo che studia la Cabala impara a leggere queste lettere di luce.
Dio e la creazione non sono due realtà separate: l’una è il respiro dell’altra, in un eterno ciclo di emanazione e ritorno.
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