Incontri con uomini straordinari

Pubblicato il 28 agosto 2025 alle ore 21:47

Incontri con uomini straordinari è forse l’opera più accessibile e allo stesso tempo più enigmatica di Georges Ivanovič Gurdjieff. Pubblicato postumo nel 1963, rappresenta il secondo volume della trilogia All and Everything che comprende anche I racconti di Belzebù a suo nipote e La vita reale è reale soltanto quando “Io sono”. A differenza del primo libro, intricato e cosmologico, Incontri assume la forma di un’autobiografia romanzata, in cui Gurdjieff racconta i viaggi della sua giovinezza e le esperienze che lo condussero alla ricerca del sapere nascosto.

L’opera si apre con la narrazione della sua infanzia a Kars, tra tradizioni armene e caucasiche, in un ambiente dove convivevano culture e religioni diverse. Da lì si snoda il racconto di un lungo pellegrinaggio che lo portò, insieme a un gruppo di compagni, a cercare le vestigia di conoscenze antiche in Asia Centrale, in Medio Oriente, in Egitto e in altri luoghi remoti. Questo gruppo prese il nome di Cercatori della Verità e rappresentò per Gurdjieff la prima vera scuola della sua vita.

Il libro non si limita a descrivere luoghi e viaggi, ma soprattutto presenta figure singolari che Gurdjieff incontrò lungo il cammino: studiosi, mistici, maestri, uomini dotati di qualità interiori eccezionali. Sono questi gli “uomini straordinari” del titolo, ciascuno dei quali incarna un frammento di sapere, un esempio di forza o una lezione di vita. Non sono idealizzati, ma mostrati nella loro umanità, spesso con tratti ironici o contraddittori. Attraverso di loro, Gurdjieff illustra la varietà di percorsi che possono condurre a una conoscenza reale.

La dimensione autobiografica è sempre ambivalente. Il lettore non sa fino a che punto gli episodi narrati siano cronaca fedele o simbolo. Gurdjieff costruisce infatti un racconto che ha lo scopo di trasmettere un insegnamento, più che di raccontare una storia personale. Ogni incontro, ogni avventura diventa una parabola, un esempio di ciò che significa cercare con serietà qualcosa che vada oltre la vita ordinaria.

Uno dei tratti più intensi del libro è la descrizione della ricerca di scuole segrete, di centri dove si conservava una conoscenza antichissima, capace di trasformare l’uomo. Questa ricerca culmina nell’accenno al mitico monastero di Sarmoung, luogo che secondo Gurdjieff custodiva un sapere millenario. Che esso sia realmente esistito o meno non è la questione principale: conta piuttosto il simbolo del pellegrinaggio verso una sapienza che l’umanità ha dimenticato ma che rimane accessibile a chi intraprende un cammino autentico.

Con Incontri con uomini straordinari Gurdjieff offre dunque non solo una testimonianza personale, ma un manifesto della ricerca spirituale: la vita stessa come viaggio, l’importanza degli incontri trasformativi, la necessità di uno sforzo continuo e del coraggio di affrontare l’ignoto. Lo stile del libro è semplice, diretto, spesso narrativo, in netto contrasto con l’oscurità dei Racconti di Belzebù. È come se Gurdjieff volesse dare ai suoi allievi e ai lettori un accesso più immediato al senso della sua missione.

Non a caso, l’opera è stata letta come un invito: chiunque può riconoscersi in questo viaggio, chiunque può intraprendere la propria ricerca e incontrare, a sua volta, uomini straordinari sul cammino della conoscenza. È un libro che unisce memoria, mito e insegnamento, e che continua a ispirare coloro che cercano un sapere vivo, al di là delle convenzioni.

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